Gay & Bisex
CAGLIARI
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30.07.2023 |
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"Abbiamo iniziato a leccargli la capella ed il cazzo in due, ciascuno per una parte..."
E’ come era bello allora… noi piccoli adolescenti col cazzo sempre ritto… a fantasticare di fighe immaginarie ma di penetti sempre da voler guardare perché era quello che avevamo e non altro. Le prime seghe assieme, tu non ancora pubere ma sempre pieno di entusiasmo e di libidine. Hai sempre anticipato le mie fantasie. E poi quella notte, dopo qualche anno, hai dormito a casa mia. E dopo le solite carezze, ed i baci sulle palle, mi ha detto: c’è lo succhiamo? E ti ho portato nel tinello, prendendoti non proprio per la mano, e ci siamo sdraiati e ti ho detto: succhio prima io… ma tu hai detto… no prima io… e lo hai preso in bocca… ed è stato bellissimo ed io rantolavo. Poi è stato il mio turno… e l’ho preso in bocca per la prima volta… ed è stato incredibile… dolce, caldo, morbido, non volevo più staccarmi, e dal giorno l’imprinting non mi ha più lasciato. Dal giorno il cazzo é diventato una presenza essenziale.
Poi abbiamo continuato, una volta anche sfondando il letto, perché eravamo molto eccitati, e ti prendevo il cazzo in bocca, e pompavo, passando la lingua sulla tua capella, piena di un precum indimenticabile.
E poi quella volta, la nostra prima esperienza a tre, eravamo eccitatissimi, lo abbiamo spogliato e ci siamo attaccati al suo grandioso cazzo. Ti ho spogliato per primo e poi tu hai spogliato me. Lui era eccitatissimo e si è svestito da solo. Abbiamo iniziato a leccargli la capella ed il cazzo in due, ciascuno per una parte. E lui gemeva. E che bello toccarci e succhiare. E poi lui ti ha preso, leccava il tuo culetto e ti masturbava mentre io gli mettevo un dito in culo. E poi alla fine, mentre ci siamo venuti addosso, con tanto bianco latte, abbiamo riso senza fine. E quell’altra volta che hai portato il popper, eravamo in tre e tutti nudi, ed io succhiavo lui e tu me, e ci siamo venuti in bocca leccandoci a vicenda.
E quell’altra volta dove abbiamo ospitato per una notte quel bel manzo veneto, un tonicissimo alto 1,90, che non lo voleva succhiare ma dichiarava di volerlo in culo, e noi a succhiare e succhiare, tutta la notte, ma lui non veniva mai, e non c’è lo voleva toccare chissà perché.
E poi quando abbiamo portato una bottiglia, per un incontro a tre, allora eravamo un po’ porcellini, e ci siamo spogliati in fretta senza pudore, ed a turno ci siamo succhiati usando il cazzo quasi come un microfono, ed ad ogni affondo aspettavamo il fiocco dentro la gola, ed ad ogni fiocco era una goduria, di cazzo ma anche di testa.
E quella sera eravamo ancora in tre, numero magico quant’altro mai, e tu avevi occhi solo per il suo cazzo ritto, dicevi fosse quasi quello di un autore porno, ed hai iniziato a succhiarlo, mentre io ti ti lavoravo la capella, e tu mugolavi per quanto ti piaceva, e succhiavamo e succhiavamo e mi dicevi: oggi mi sento molto porco… veniamoci in bocca… ma poi lui ti ha aperto il culetto mentre io sentivo la tua asta in gola mentre godevi.
E alla fine ci siamo fatti ancora una volta una pompa in tre, con il medio di ciascuno nel culo dell’altro, e che sapori e che gemiti e guaiti, e poi me lo avete dato entrambi in bocca, non ce la facevo più a succhiarvi entrambi, e mi dicevi: allora il cazzo ti piace veramente tanto ed io ridendo, se me lo fai vedere io apro la bocca in automatico! E mi siete venuti in faccia, con spruzzi continui ed abbondanti, ed io: ancora… ancora… ancora. E poi ho baciato i penetti diventati mosci per ringraziare il loro lavoro durato quanto basta.
Ti ho dato anche il culetto… hai iniziato a leccarmelo ed io mi sono lasciato andare… e quando hai iniziato a farlo entrare ho scordato di essere vergine ed ho pensato: ė giusto che la mia prima volta sia con te.
Compagno di banco, compagno di giochi anche dentro le mutande, che ormoni a mille avevamo.
E quei caffè che scroccavi ogni pomeriggio alle 15 era solo una scusa per poterci pompare. Dopo infatti Andavamo in camera e ti abbassavi pantaloni e mutande facendomelo vedere e mi dicevi: lo facciamo? Ed io pendevo da quel prepuzio. Poi, quando andavi via dopo la nostra sborrata, la versione di greco mi riusciva sempre meglio.
Lo abbiamo fatto per anni, ed anche in terrazzo, quando volevamo di più ed abbiamo scoperto la sensibilità della nostra rosetta, ed non era bello avere familiari fra i piedi a sentire dei nostri sospiri.
Ma la cosa più bella era la tua pelle rosata, un manto di seta non più trovata, e che bello toccarti e leccarti, pelle dolce ma aspra, anche se non uscivi dal mare.
Avevi un cazzo ubertoso, grandioso, che quasi non usciva dal prepuzio, ma dentro la mia bocca era mite e dolce, era gentile, ed io lo pensavo sempre di fianco alla mia bocca ed anche al mio piccolo culo.
Avevi odore di borotalco… forse volevi giustificare una doccia non fatta… ma per me era il segnale che i pantaloni si abbassavano… ed anche le mutande ed io poi lo vedevo… grosso … pieno dei tuoi anni migliori… e lui voleva essere coccolato… ed anche il mio… e così facevamo… dovevamo venirci in bocca prima di quando lo abbiamo deciso… ma a quei tempi era molto più facile prenderlo che averlo fra le labbra… chissà perché.
Eravamo allora quasi pionieri… ci si poteva toccare ma mai parlare… ed il nostro muro certo ci proteggeva… ma ci privava di un contatto col mondo.
Devo a te la mia consapevolezza di me… ed il piacere è l’orgoglio di potere accarezzare un amico… e di poter ormai aprire la bocca senza rimorsi. E sentire il sapore…. E quindi continuare… sino alla fine.
Mi hai fatto me stesso in tutte le parti del mondo dove ho portato i miei scarponi… il ragazzo afgano alle pendici della montagna amata dagli scalatori… ragazzo dagli occhi azzurri come solo il loro ghiaccio sa riprodurre… oppure il fanciullo dell’isola di Pasqua… che offrendomi la sua merce ha aperto la busta e mi ha sfiorato il pacco tre volte… ed io ho cercato invano un posto dove parlare e toccarci assieme.
Se sono così… cosa di cui sono molto fiero… lo devo anche e sopratutto a Te… mi hai plasmato come i maestri umanistici… latini e greci… che mi hanno accompagnato… ma anche il Maestrone di Pavana… che è sempre presente.
Rimangono solo i ricordi.
Quanto abbiamo giocato, forse non avremo potuto fare di più, ti ho visto e toccato la rosa del buchetto e la rosa bellissima della Tua asta turgida che schizzava senza intervalli nelle mie labbra quasi imploranti.
Chissà dove sei ora, cosa baci e cosa lecchi, cosa ti metti affianco, cosa ti intriga
So però che da tempo sei sposato. Ma mi chiedo, hai ancora qualche ricordo ? Hai forse dimenticato? O magari è sempre stato così?
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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Commenti per CAGLIARI:
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